mercoledì 29 dicembre 2010

Piccirillo, la fantascienza “classica”: «Così racconto il futuro che vorrei» (Il Cittadino, Martedì 28/12/2010)

Un insolito asteroide, ribattezzato la “luna nera” sulla scorta di un’antica profezia, sta per entrare in collisione con il pianeta Taigosan II e la Pattuglia Stellare, capitanata dal tenente Daclane, viene chiamata a tutelare la sicurezza dei suoi abitanti: è questa la situazione che dà origine al romanzo La profezia della luna nera di Vittorio Piccirillo, milanese di nascita e lodigiano d’adozione, giunto alla sua seconda prova letteraria.

Composta da fisici, ingegneri ed esperti di armi provenienti da diverse parti dell’universo, la Pattuglia Stellare era già stata protagonista del sua primo lavoro, La nebulosa degli spettri, pubblicato nel 2009: a fare da trait d’union tra i due romanzi non ci sono però solo gli stessi personaggi, ma anche alcuni tratti di natura stilistica e narrativa. L’autore si distingue infatti per l’uso di una scrittura “visiva”, finalizzata ad «evocare invece di descrivere ed a suggerire invece di spiegare», e fin dalle note introduttive indirizza l’attenzione del lettore sulla necessità di un solido sistema di valori che serva da bussola nel quotidiano.

«Io racconto la mia personale visione del futuro: il mondo come vorrei che fosse, ma soprattutto le persone come vorrei che fossero. Quanto più ci sentiamo sotto pressione, esausti e alla deriva, tanto più abbiamo bisogno di punti di riferimento, di modelli ai quali ispirarci. In questo senso, la letteratura svolge un ruolo chiave. Alla base della fantascienza c’è una sola domanda: che cosa ci riserva il futuro?» La voglia di scrivere di un mondo ideale anche sul piano morale lo distanzia in parte dalle più recenti evoluzioni della letteratura fantascientifica, che negli ultimi tempi «si è orientata verso tematiche più aderenti alla realtà dei nostri giorni, evidenziando l’incertezza che caratterizza la società e la cultura». Pur non disdegnando «le storie “impegnate” dal punto di vista intellettuale, e neppure quelle “vissute” che pongono l’accento sulla natura controversa delle persone» Piccirillo è infatti dell’avviso che «di recente la fantascienza si sia concentrata sull’oggi e abbia trascurato il domani», diventando «più concreta e matura, ma anche più fatalista e disillusa». Il genere ha così conservato il suo potenziale immaginativo, ma pare aver perso quell’ottimismo di fondo che lo scrittore lodigiano ritiene ancora basilare.

In entrambi i suoi romanzi, le vicende personali dei protagonisti, ove compaiono, rimangono appena accennate: l’autore si concentra infatti sulle dinamiche di gruppo e motiva così la sua scelta: «Ho letto storie con un unico protagonista e storie che ne avevano più di uno: in genere le seconde mi sono sembrate più solide e credibili delle prime. Ho trovato una conferma indiretta di questa mia percezione nel modo in cui sono cambiati i telefilm: fino agli anni Ottanta ruotavano intorno a un eroe solitario, mentre dagli anni Novanta si sono orientati verso gruppi di eroi che agiscono insieme». Ed è lavorando in ufficio e andando in palestra che Piccirillo ha rafforzato l’idea di fondo che permea i suoi scritti, ovvero «che una squadra omogenea e coordinata, ben amalgamata e diretta, produca risultati migliori per numero e qualità rispetto ai singoli individui che la compongono». (C.P.)

(Il Cittadino, Martedì 28/12/2010)